La pandemia di Coronavirus in corso influenzerà profondamente, e per diverso tempo – forse per sempre – il nostro modo di vivere e, naturalmente, il calcio non sarà esente: proviamo a capire – o meglio, a immaginare – quale potrebbe essere il futuro del pallone, con un occhio di riguardo per la nostra MLS.
Quale futuro per calcio ed MLS post Coronavirus?
Come purtroppo siamo stati costretti a renderci conto, per far fronte alla rapida diffusione del Coronavirus in tutto il mondo, il calcio – anche quello virtuale – si è fermato ovunque – o quasi – e al momento non si sa con certezza quando i vari campionati potranno ripartire (l’unica ufficialità arriva dal Belgio: la Pro League ha annunciato lo stop definitivo, anche se si dovrà attendere l’assemblea di lega del 15 aprile per averne la conferma). E mentre in Europa, dove ogni giorno si riuniscono in conference call i vertici delle diverse leghe nazionali e internazionali, si litiga per stabilire il da farsi, la MLS, invece, dopo una prima sospensione fino al 12 aprile, sembra ora convinta di poter riprendere regolarmente il 10 maggio, sebbene a porte chiuse, nonostante un non precisato giocatore dei Philadlphia Union sia recentemente risultato positivo al virus.
In ogni caso, comunque, i campionati correnti rimarranno segnati in maniera indelebile, lasciando strascichi anche nelle stagioni a venire, non solo dal punto di vista organizzativo (calendari e calciomercato soprattutto), ma anche sotto l’aspetto economico. Profondamente segnato rimarrà sicuramente tutto il mondo del dilettantismo, ma ancora più sconvolgenti, per noi appassionati, potrebbero essere i cambiamenti che questa emergenza apporterà al nostro modo di osservare il calcio, di viverlo: potrebbero cambiare gli stadi, l’organizzazione degli eventi e, di conseguenza, l’esperienza dei tifosi. Potrebbero poi esserci forti ripercussioni sulle vite degli atleti, ma i cambiamenti più eclatanti potrebbe subirli il gioco del calcio in sé, perché l’impatto del Coronavirus ancora deve essere tangibile sul mondo del calcio.
Cerchiamo nei prossimi paragrafi di analizzare tutti questi elementi che potrebbero variare, facendo fede in certi casi a quanto dichiarato dai vertici del calcio e da chi di questo mondo fa parte, e, in altri, affidandoci inevitabilmente a nostre proposte e a mere ipotesi, ora realistiche, ora più fantasiose – occorre infatti tenere sempre presente che nessuno, al momento, può dire con certezza come una situazione tanto delicata si evolverà e quali saranno le conseguenze -, focalizzandoci su i due contesti che più ci toccano, quello europeo e quello nordamericano. Al termine dell’articolo, infine, troverete alcuni suggerimenti a tema MLS per continuare a trascorrere questo periodo in casa senza annoiarvi.
Il problema dei calendari: come finirà la stagione 2019/2020 in Europa e in MLS.
Europa
A differenza della Pro League belga, la volontà delle maggior parte delle leghe europee, della UEFA e dell’ECA è chiara, ed è quella di tornare in campo il prima possibile (tranne in Italia, dove la FIGC spinge per riprendere, mentre in Lega, i vari presidenti, molti dei quali troppo impegnati a difendere i propri interessi, non riescono ad accordarsi né tra di loro per partorire una decisione unanime né con l’AIC per rivedere i contratti dei calciatori).
L’ipotesi più ottimistica per la Serie A è quella di un ritorno in campo a metà maggio, quando in Italia, secondo le previsioni, non ci sarà più alcun nuovo contagio da Coronavirus, riuscendo così a concludere il campionato – ovviamente a porte chiuse – entro il 30 giugno, data per la quale sono previste le scadenze dei contratti di molti giocatori, ma anche degli impegni che i vari club hanno con le banche e con il famoso Fair Play Finanziario imposto dalla UEFA.
Obiettivamente, però, una ripresa così frettolosa sembra decisamente avventata, e poco praticabile (anche perché verosimilmente verranno concesse agli atleti un paio di settimane di preparazione dopo due mesi di stop forzato a causa del Coronavirus, nonostante secondo Carlo Ancelotti ciò non sarebbe necessario). Già più realistica appare, invece, l’idea di tornare a giocare alla fine dello stesso mese, o magari all’inizio di quello successivo, terminando a metà luglio e chiedendo a UEFA e FIFA di spostare più avanti nel tempo le varie scadenze previste per il 30 giugno. A quasi tutte le squadre mancano infatti 12 partite da giocare, e sei settimane sembrano sufficienti per portarle al termine, costringendo le squadre a scendere in campo due volte a settimana. Come effetto collaterale – di non poco conto – c’è però il fatto che molti calciatori, sottoposti a un simile sforzo fisico e a un simile stress, potrebbero facilmente incorrere in infortuni. Sarebbero disposti loro a mettere a rischio la propria salute – per di più in un periodo delicato come questo – per concludere la stagione?
Ormai definitivamente tramontate sembrano infine le suggestioni playoff e playout, e probabilmente è giusto così: nonostante la formula affascinante proposta, non sarebbe giusto cambiare le regole in corsa anche a causa di una urgenza come il Coronavirus.
Negli altri paesi europei poi, dove il caos legato al Coronavirus è scoppiato con leggero ritardo e dove sono state adottate misure un po’ meno stringenti che in Italia, si potrebbe scendere in campo qualche settimana dopo rispetto alla Serie A, finendo magari a fine luglio o a inizio agosto.
A quel punto, il piano della UEFA è quello di giocare ad agosto le coppe europee – sempre che ci sia la possibilità di fare viaggi internazionali -, sacrificando quelle nazionali. Si vorrebbero smaltire, in un paio di settimane, i quarti di finale di Champions League e gli ottavi e i quarti di Europa League, per poi disputare in un breve periodo le semifinali e le finali in un’unica sede (anche la Premier League ha pensato un piano analogo), Istanbul per la Champions e Danzica per l’Europa League. Sorge spontanea la seguente domanda: perché, nel caso, non giocare anche i turni precedenti in campo neutro? Si giocherebbero in gara unica anziché secondo la formula che prevede andata e ritorno, riducendo così il numero di partite da recuperare.
L’ipotesi che sembra più probabile di tutte, generata dall’impatto drastico del Coronavirus, è quella che la travagliata stagione 2019/2020 sia già terminata. Proseguirla sarebbe infatti estremamente complicato (per l’organizzazione e i già citati problemi burocratici) e dispendioso per i calciatori. Un altro motivo per non proseguire i campionati è, ovviamente, quello della sicurezza e della salute: vale davvero la pena di esporre giocatori, staff tecnici, arbitri, addetti alla sicurezza e ai terreni di gioco, giornalisti e troupe televisive al rischio di contrarre il coronavirus solo per portare a termine una stagione che, per di più, è già stata irrimediabilmente segnata – e falsata, rovinata – da uno stop così lungo? Inoltre, concludere regolarmente questa stagione comprometterebbe inevitabilmente anche la prossima: finire la stagione ad agosto, infatti, concederebbe ai giocatori, dopo tre mesi di partite ogni 72 ore, solamente due settimane di vacanza e altre due di preparazione (con tempo di adattamento estremamente ridotto per i nuovi acquisti e per gli allenatori per dare un’impronta alle loro squadre). I nuovi campionati inizierebbero così a fine settembre – oltre un mese più tardi rispetto al solito – costringendo tutti a fare i salti mortali per portarlo a compimento entro metà maggio 2021, in vista dell’Europeo che inizierà a giugno dello stesso anno. Il ragionamento – ineccepibile – che fanno molti sostenitori del definitivo fermo delle competizioni è proprio questo: meglio lasciar perdere questo annus horribilis e tornare alla normalità – sempre che sia possibile – a partire da agosto con la stagione 2020-2021, piuttosto che forzare il recupero di una stagione e finire per rovinare anche la seguente.
In caso di interruzione definitiva della Serie A, comunque, la FIGC sembra aver già deciso come comportarsi: verrebbero aggiunti 3 punti a ciascuna squadra per ogni gara non disputata, lo scudetto non sarebbe assegnato e ci sarebbero soltanto due retrocesse, Spal e Brescia, mentre sarebbero promosse in Serie A le attuali prime due in classifica di B, Benevento e Crotone.
In ogni caso, comunque, la UEFA, l’ECA e la maggior parte delle leghe nazionali faranno tutto il possibile per riprendere le competizioni entro giugno e portarle a termine entro agosto.
La nostra proposta
Viste le difficoltà che hanno i leader del calcio a prendere delle decisioni definitive, vogliamo provare noi, così, per gioco, a proporre una soluzione che potrebbe accontentare tutti o, più propriamente, scontentare quasi tutti, ma senza avvantaggiare o sfavorire nessuno.
Innanzitutto, tutti noi appassionati vorremmo che, quando il calcio ripartirà, si giocasse ogni giorno e a ogni ora per celebrare il ritorno alla normalità: sarebbe una grandissima, bellissima festa di calcio, e un’esplosione di felicità, in antitesi alla frustrazione e al dolore a cui il coronavirus ci ha sottoposto. Allo stesso tempo, però, è fondamentale non farsi prendere dalla frenesia e non bruciare le tappe: si deve tornare a giocare solamente quando il rischio di nuovi contagi da coronavirus sarà praticamente nullo, sia per chi fa del calcio il proprio mestiere sia per i tifosi. Il calcio, infatti, come tutti gli sport, è della gente, del pubblico: che senso avrebbe giocare, non per una partita ma per diversi mesi, a porte chiuse? Per chi giocherebbero i calciatori in campo? Vero è che le persone che normalmente seguono le partite in TV sono molte di più di quelle che le guardano dal vivo, a testimonianza del fatto che il calcio è sempre più vicino al mondo dello spettacolo, ma è altrettanto vero che chi va allo stadio fa parte di questo spettacolo: un match senza pubblico è estremamente meno affascinante di uno giocato in uno stadio colmo di tifosi. L’esempio lampante è offerto dall’ultima serata di Champions League, quella disputatasi l’11 marzo scorso (sembra passata un’eternità). Quella sera si sono giocati due incontri (che al fine di ridurre la diffusione del virus sarebbe stato meglio non far disputare) contemporaneamente: Liverpool-Atletico Madrid, giocata – scelleratamente – a porte aperte, e PSG-Borussia Dortmund, a porte chiuse (ma con circa 5000 tifosi parigini ammassati al di fuori dello stadio sotto la loro curva). Ora, entrambe sono state due bellissime partite, giocate a ritmi alti, ricche di gol e grandi giocate: ma, mentre l’incontro di Anfield è stato altamente emozionante, lo stesso non si può dire di quello del Parco dei Principi, che, anzi, è apparso quasi noioso, proprio perché svuotato di senso. Perché il senso al calcio lo danno i tifosi.
Fatta questa lunghissima, fondamentale premessa, è chiaro che riprendere a fine maggio, fra poco più di un mese, appare una follia. Ipotizziamo allora, con molto – forse eccessivo – ottimismo che alla fine di agosto o all’inizio di settembre si possa tornare a giocare a porte aperte. Si potrebbero recuperare i due mesi e mezzo che mancano alla fine della stagione 2019/2020 entro la fine di novembre, per poi partire, dopo un mese e mezzo di pausa, con quella 2021, disputando solamente il girone d’andata (e, magari, essendo questo composto da un numero dispari di giornate, far giocare un turno in più in trasferta alle squadre classificatesi nella prima metà della classifica del campionato precedente rispetto alle altre, per dare un po’ più di equilibrio). In questo modo la stagione regolare si concluderebbe al massimo entro metà aprile, lasciando spazio ad eventuali playoff per le prime 4 classificate: semifinali organizzate su due confronti e finale secca, con un format alla americana che, se avesse successo, potrebbe essere riproposto anche negli anni successivi.
Per quanto riguarda le competizioni internazionali, invece, durante l’autunno 2020 si potrebbero finire le edizioni lasciate in sospeso, mentre quelle del 2021 si potrebbero disputare sostituendo la fase a gironi con un ulteriore turno a eliminazione diretta: per la Champions League le 32 partecipanti potrebbero partire dai sedicesimi di finale, mentre per l’Europa League sarebbe necessario aumentare il numero di squadre partecipanti da 48 a 64 (tagliando drasticamente alcuni turni preliminari) e iniziare dai trentaduesimi di finale.
Questa particolare calendarizzazione implicherebbe la perdita di alcune partite, ma permetterebbe di arrivare all’appuntamento di Euro 2021 senza troppa foga e senza un’eccessiva fatica nelle gambe dei calciatori.
MLS
Per quanta riguarda il campionato nordamericano, la situazione è leggermente diversa: la MLS è leggermente avvantaggiata per il fatto che, per il momento, le squadre hanno giocato soltanto due partite, e hanno tutto l’anno solare davanti per terminare regolarmente il torneo: l’intenzione, infatti, come dichiarato da Darren Eales, presidente di Atlanta United, è quella di giocare tutte e 34 le partite rimaste ) più i playoff, che potrebbero terminare con più di un mese di ritardo rispetto alle previsioni, oppure essere compattati in un periodo più ristretto. Ciononostante, portare regolarmente a termine la stagione potrebbe non essere così semplice: 36 partite da recuperare, tra stagione regolare e post-season, potrebbero essere davvero troppe
L’organizzazione della regular season – che prevede che ciascuna squadra affronti due volte ogni squadra della propria conference e una sola volta quelle dell’altro girone tranne tre – potrebbe comunque, in caso di necessità, permettere agli organizzatori di mettere mano con facilità al calendario. Per esempio, si potrebbe eliminare una delle due sfide tra le squadre della stessa conference, oppure cancellare definitivamente gli incontri fra squadre di conference opposte. Ancora, nel caso più estremo, potrebbero essere disputate da ciascuna squadra solamente le 12 sfide contro le avversarie dello stesso girone. In quest’ultimo caso, i turni da giocarsi per concludere la stagione sarebbero solamente 12 di stagione regolare (11 o 10 per le squadre che hanno già affrontato nella week 1 e nella week 2 squadre del proprio girone) e quattro di post-season: un totale di 16 giornate, che richiederebbero circa tre mesi (considerando che in negli USA le lunghissime distanze che le squadre devono compiere per andare in trasferta non permettono di giocare con grande frequenza più di una volta a settimana, a meno che non si scelga di disputare tutti gli incontri in un unico luogo) per essere portate alla conclusione. Così facendo, basterebbe tornare in campo entro l’inizio di ottobre per concludere questa stagione senza compromettere la prossima.
Nella peggiore delle ipotesi, infine, un annullamento definitivo del campionato non creerebbe grandi conflitti interni tra le squadre, visto che la stagione è appena iniziata e la classifica non è ancora ben delineata. In questo caso che, ripetiamo, è il peggiore che possiamo immaginare, i festeggiamenti per la venticinquesima edizione della Major League Soccer, con buona pace di tutti gli amanti del calcio d’oltreoceano come noi, saranno rimandati all’anno prossimo.
Il problema dei calendari: si gioca troppo?
Europa
Una delle principali critiche rivolte al calcio contemporaneo è legata all’eccessivo numero di partite che si giocano durante l’anno: si gioca troppo. Infatti, soprattutto le big europee sono costrette, nei periodi dell’anno in cui il calendario è più denso, a disputare due, o perfino tre partite a settimana (il Liverpool di Klopp lo scorso dicembre ha dovuto rinunciare al quarto di finale di Coppa di Lega contro l’Aston Villa, giocato da una formazione composta da giovani e riserve dei reds, perché contemporaneamente impegnato in Qatar per il Mondiale per Club). Un ritmo così forsennato, oltre a sottoporre gli atleti a incredibili sforzi fisici a una considerevole dose di stress, rende praticamente impossibile, in caso di eventi imprevisti, come quello che è capitato quest’anno, che costringono a rinviare diversi incontri, riorganizzare i calendari delle varie competizioni.
È possibile, quindi, che questa pandemia di coronavirus costringa la FIFA – che invece aveva in programma dare il via a un’ulteriore competizione intercontinentale nell’estate 2021 – e gli altri organi dirigenti del grande calcio a rivedere i calendari sportivi, riducendo leggermente il numero di partite. Si parla, ad esempio, di Serie A a 18 squadre, mentre la nuova Coppa del Mondo per Club a cadenza quadriennale potrebbe soppiantare definitivamente l’attuale competizione intercontinentale, che, invece, ha luogo ogni stagione. Non sarebbe invece necessariamente una condanna per il tanto criticato nuovo format a 48 squadre della FIFA World Cup, dal momento che il numero di partite giocate da ciascuna squadra sarebbe lo stesso previsto dall’attuale formula a 32 partecipanti. Difficile, ma non impossibile, poi, che gli Europei tornino ad essere a 16 squadre anziché 24, eliminando così il turno degli ottavi di finale, e non si può nemmeno escludere il fatto che il numero delle partecipanti alla UEFA Europa League venga ridotto rispetto alle attuali 48, al fine di evitare di giocare i sedicesimi di finale: le squadre escluse potrebbero essere inserite nel terzo torneo che l’associazione dei campionati europei ha in programma di organizzare. Più difficile, per ragioni economiche – e oramai culturali -, che le grandi competizioni internazionali per club tornino a prevedere i soli turni a eliminazione diretta, abolendo le fasi a gironi, che invece sono previste fin dal 1991. Quasi sicuramente, poi, spariranno in modo definitivo le amichevoli, tanto quelle – rare – fra club, quanto quelle fra nazionali, che appaiono ormai sempre più inutili, o, anzi, come dei veri e propri impicci nei calendari, già molto affollati, degli sportivi.
MLS
Detto della probabile necessità di sfoltire i calendari e di ridurre il numero di squadre iscritte a ciascun torneo, non si può certo affermare che il piano di espansione architettato da Don Garber, commissioner della MLS, vada in questa direzione. Esso prevede,infatti, di aumentare il numero di partecipanti dalle attuali 26 a 30 nelle prossime due stagioni, con Austin e Charlotte che faranno il loro esordio il prossimo anno, e Sacramento e St. Louis che inizieranno la loro avventura nel 2022 (dopo che Miami e Nashville hanno esordito all’inizio di questa stagione).
Vero è che l’aumento del numero di franchigie non implicherebbe necessariamente quello delle partite (già adesso ciascuna squadra non incontra tre avversarie nell’arco della stagione regolare: non sarebbe quindi un grosso problema non affrontarne 6, mantenendo così l’attuale formula a 34 giornate), ma la lega potrebbe anche pensare a un’organizzazione diversa del torneo, suddividendo ulteriormente le due conference in più gironi, sul modello delle altre grandi leghe sportive americane (NBA, NFL, NHL e MLB). Si potrebbe ipotizzare una costruzione del campionato sulla base di due macro-gironi, Western- e Eastern Conference, suddivisi a loro volta in quattro division: tre raggruppamenti da quattro squadre e uno da tre. In regular season, ogni squadra potrebbe sfidare due volte le avversarie della propria division, una volta quelle degli altri gironi della stessa conference, e una sola volta un numero variabile di squadre della conference opposta, facendo in modo che tutte alla fine giocassero lo stesso numero di partite. Le squadre inserite dei gruppi quattro partecipanti disputerebbero 17 incontri intra-conference: una in più di quelle inserite in quelli da tre. Queste, però, disputerebbero un inter-conference game in più. Il numero giornate di stagione regolare potrebbe variare così da un minimo di 17 a un massimo di 33 giornate rispetto alle 34 previste dalla formula attuale.
Non è da scartare, poi, l’ipotesi che Garber scelga di allargare la partecipazione alla MLS a due ulteriori franchigie, portando così il numero totale di squadre iscritte a 32, e bilanciando così le ipotetiche division: quattro squadre in ogni mini-girone.
Ai playoff, poi, potrebbero qualificarsi le prime due squadre di ciascuna division: otto finaliste per ogni conference, dunque, e e si potrebbe disputare la fase a eliminazione diretta a partire dai quarti di finale di conference, per concludere, infine, con la finalissma di MLS Cup (più o meno come prevede l’attuale format).
Coronavirus: gravi danni economici per il calcio
È risaputo che questa pandemia avrà un notevole impatto negativo sull’economia globale e, naturalmente, anche su quella calcistica.
Il prolungato periodo di inattività, farà senz’altro sì che i broadcaster non siano disposti a pagare interamente alle leghe calcistiche le cifre pattuite per i diritti televisivi delle partite che non si stanno giocando, così come molti sponsor potrebbero fare passi indietro, svincolandosi dai rapporti economici che li legano alle società, chiedendo loro sconti, o sottoscrivendo accordi molto meno remunerativi per il modo del calcio in futuro. Inoltre, probabilmente, subirà un forte rallentamento anche la vendita da parte delle squadre di calcio dei loro prodotti di merchandising, e i club, fino a quando non si tornerà a giocare a porte aperte, dovranno rinunciare a una gran parte degli introiti provenienti dai loro stadi. Non saranno, però, solo le leghe e le società a perderci: anche i salari dei calciatori dovranno necessariamente subire variazioni a ribasso. Sembra, per esempio, che i giocatori di Barcellona abbiano aperto a un taglio drastico dei rispettivi stipendi, mentre in Italia resta ancora da capire quale accordo potranno raggiungere l’Assocalciatori e le società italiane.
In ogni caso, una riduzione degli ingaggi non sarà di certo un problema per i ricchissimi atleti dei principali campionati, mentre potrebbe essere un problema per quelli delle categorie inferiori, i cui contratti non sono certamente così remunerativi come quelli dei big (se è vero che i loro stipendi non sono comunque bassi, bisogna sempre considerare che la carriera di un calciatore dura solamente circa 15 anni). Questi campionati, infatti, non avendo l’appeal delle serie maggiori, e per la necessità – per ragioni di sicurezza – di far muovere il minor numero di persone possibile nel prossimo periodo, rimarranno fermi ben più a lungo rispetto ad esse. Inoltre, molte squadre di queste categorie non sono di certo così solide da concedere per lungo tempo i pagamenti ai propri tesserati senza che questi scendano in campo: anzi, molti piccoli club rischieranno addirittura di fallire.
L’impatto economico del coronavirus sul calcio: il caso dilettanti
Quanto detto per le categorie professionistiche inferiori vale, a maggior ragione, anche per i dilettanti, che sono poi la maggior parte dei giocatori di calcio: per loro non ci sarà senza dubbio alcuna possibilità di tornare a calcare i prati prima che l’emergenza sanitaria sia davvero finita, e, in questo caso, sono ancora di più le società a rischio fallimento.
L’impatto economico del coronavirus sul calcio: cosa ne sarà del calcio femminile?
Il discorso fatto per i calciatori dilettanti, vale purtroppo anche per le calciatrici, dilettanti anch’esse – anche se un grosso passo in avanti verso il professionismo è stato fatto. Così come le squadre meno solide potrebbero andare incontro al fallimento, anche le grandi società potrebbero smettere di investire sulle squadre femminili, privilegiando la ripresa economica del calcio maschile, anche se, naturalmente, ci auguriamo tutti il contrario: sarebbe veramente un peccato se un movimento in costante crescita come quello del calcio femminile subisse una battuta d’arresto di questa portata.
L’impatto economico del coronavirus sul calcio: il piano della FIFA e gli aiuti dal Governo
Per far fronte a questi gravi danni economici, la FIFA ha fatto sapere che farà la sua parte, mettendo a disposizione circa 2,5 miliardi di euro per permettere al sistema calcio di ripartire: uno sforzo notevole, che però non compenserebbe di certo le ingenti perdite che esso subirà a causa della pandemia. Per questo motivo, il calcio italiano chiederà allo Stato – forse approfittandosi troppo della situazione – una serie alcuni aiuti economici e una serie di permessi, che gli permettano di uscire più rapidamente dalla probabile crisi.
L’impatto economico del coronavirus sul calcio: Superlega e MLS
Superlega
L’effetto più eclatante – e inquietante – che il coronavirus potrebbe avere sul calcio è quello di tendere la mano alla creazione della Super Champions tanto vagheggiata da Andrea Agnelli, presidente della Juventus e dell’ECA.
Per far fronte ai danni economici causati da questo lungo periodo senza calcio, i maggiori club europei potrebbero voler affrontare la crisi ancora più uniti tra di loro, e non insieme ai minori club connazionali, che potrebbero rallentare la loro ripresa economica. La necessità di ridurre gli impegni dei vari club, inoltre, potrebbe essere facilmente risolta con la creazione di quest’unica competizione internazionale, che vedrebbe sfidarsi ,una ventina di compagini – si parlava di 24 – in un unico torneo – o al massimo due: campionato e coppa a eliminazione diretta -, anziché in diversi tornei nazionali e internazionali.
Si tratterebbe indubbiamente di un campionato estremamente spettacolare, con moltissimi big match e grandissimi campioni pronti a sfidarsi ogni weekend, ma avrebbe conseguenze nefaste per i campionati nazionali.
Per prima cosa, tutti i grandi campioni vorrebbero giocare questo torneo, a cui potrebbero partecipare solamente tre, massimo quattro squadre per ciascun Paese. Ciò farebbe sì che si generasse una diaspora dei migliori giocatori dai campionati locali, il cui valore diminuirebbe esponenzialmente, verso la Superlega. Le competizioni nazionali perderebbero dunque, oltre ai loro calciatori migliori, anche moltissimo seguito di pubblico. Il che, in termine di diritti TV, potrebbe tradursi in perdite quantificabili in centinaia di milioni di euro. Questo, quando si potrà tornare a vedere le partite dal vivo, potrebbe anche convincere più tifosi a recarsi allo stadio anziché guardare le partite da casa – ma potrebbe anche avere l’effetto contrario, ovvero portare i fan dei club locali a indirizzare il loro tifo verso i grandi team europei -, e i campionati nazionali potrebbero guadagnarne in equilibrio, vista la mancata partecipazione delle grandi squadre che tiranneggiano quasi incontrastate i campionati. Questi unici due aspetti positivi, però, non sembrano pesare tanto quanto quelli negativi per le piccole realtà.
Va detto, comunque, che quella della Super Champions è soltanto una suggestione, una possibilità remota, e la sensazione, come sostiene il patron della Fiorentina Rocco Commisso, è che non si farà, almeno per diverso tempo.
MLS
La lega americana potrebbe invece subire conseguenze economiche meno gravi. Le politiche di salary cap – la maggior parte dei calciatori di MLS guadagna meno di $500000 all’anno – e di calciomercato interno basato principalmente sugli scambi, fanno sì che, di norma, le franchigie spendano meno rispetto alle proprie reali possibilità finanziarie: questo potrebbe dunque averle rese sufficientemente solide da essere in grado di affrontare la ripresa delle attività senza badare troppo a contenere le spese.
Inoltre, se in Europa dovesse per caso prendere piede la suggestione Superlega, la lega nordamericana potrebbe averne dei vantaggi. Innanzitutto, il tracollo tecnico ed economico dei vari campionati nazionali ridurrebbe – forse annullerebbe – il gap fra la Major League e questi: la MLS addirittura potrebbe superarli di gran lunga in termini di ricchezza, e giocatori di ottimo livello – ma non sufficiente bravi per giocare nella Superlega, riservata alle eccellenze – potrebbero essere attratti dai ricchi contratti degli States. In secondo luogo, diminuirebbe drasticamente l’interesse del pubblico statunitense per tutti i campionati europei, ad eccezione di quello principale, e molti americani potrebbero essere spinti a seguire il loro campionato nazionale, portando così ingenti proventi dai diritti televisivi nelle tasche dei leader della MLS.
Occorre comunque tenere in considerazione che non è assolutamente certo che i danni economici generati dallo stop prolungato da Coronavirus peseranno meno sul campionato americano rispetto a quelli europei: è una sensazione.
Coronavirus: come potrebbe cambiare il calciomercato
Il Coronavirus e le sue conseguenze sull’economia del calcio influenzeranno naturalmente anche il calciomercato.
Per prima cosa cambieranno le date, che saranno influenzate da come si sceglierà di concludere la stagione. Le opzioni non mancano: si potrebbe concentrare il mercato nel brevissimo periodo di sosta fra la fine della stagione 2019/2020 – se si riuscisse a riprendere entro giugno o luglio – e l’inizio di quella 2020-2021, ma il tempo – non più di tre o quattro settimane – non sembra sufficiente per imbastire trattative importanti. Un’altra opzione è quella di un’unica macro-sessione di mercato dalla fine della stagione in corso fino a gennaio 2021. Ipotesi, questa, che però creerebbe grossi grattacapi agli allenatori, che potrebbero ritrovarsi a dirigere formazioni rivoluzionate ogni settimana. L’ultima possibilità, invece, è quella di annullare la sessione estiva, e aprire il calciomercato solamente a gennaio. Quest’opzione sembra però la meno convincente, specialmente nel caso in cui si potesse tornare in campo prima del 2021: non sarebbe infatti possibile iniziare una nuova stagione senza la possibilità per i club di sostituire i giocatori in scadenza di contratto.
Cosa cambierà molto saranno i prezzi dei cartellini – oltre a quelli dei contratti dei giocatori. Per i club, infatti, dopo un lungo periodo in cui non hanno incassato le cifre a cui erano abituati, sarà impossibile spendere grandi cifre per acquistare i giocatori, il cui valori di mercato, di conseguenza, caleranno vertiginosamente: addirittura – si pensa – del 28% circa.
La disponibilità economica ridotta da parte delle squadre poi, come suggerisce Fabio Paratici, dirigente della Juventus, potrebbe modificare proprio il modo di fare mercato. Potremmo vedere più scambi di giocatori fra le squadre e meno conguagli economici: un modello che si avvicinerebbe a quello degli sport americani, e quindi anche della MLS. Anche per questa ragione la lega americana potrebbe patire meno gli effetti del Coronavirus.
Come abbiamo visto, poi, il calo dei prezzi nel mondo del calcio costringerà società e calciatori a rivedere i contratti di questi ultimi. Se le parti non trovassero nuovi accordi, però, è probabile che molti giocatori possano svincolarsi, diventando veri e propri free agents, cosa che renderebbe il calciomercato in tutto il globo ancora più simile a quello degli Stati Uniti d’America.
Come sarà tornare allo stadio?
È chiaro che, anche qualora si riprendesse a giocare prima dell’estate, lo si dovrà fare necessariamente a porte chiuse, fino a quando non verrà trovata una cura per il Coronavirus, o quando il numero di contagi sarà così ridotto da non rischiare una nuovo boom di casi positivi e un collasso del sistema sanitario. Nessuno spettatore sarà ammesso all’interno degli stadi, e come riporta ≪Ansa≫ in un articolo sulla Premier League – ma i provvedimenti varrebbero verosimilmente per ogni campionato -, “giocatori, tecnici e dirigenti trascorrerebbero le ultime settimane del campionato isolati in strutture riservate, lontani dalle famiglie, costantemente monitorati dai rispettivi staff medici. Un isolamento prolungato – anche per arbitri, cameraman, responsabili della trasmissione tv – che impedirebbe ogni contatto con il resto della società”.
Il calcio, però, come già detto, perde di significato senza il calore del pubblico, e tutti noi non vediamo l’ora di vedere nuovamente gli stadi traboccare della passione dei tifosi, e magari di poter tornare noi stessi ad assistere dal vivo a un incontro di pallone ( la domanda di biglietti sarà altissima . Passerà molto tempo, però, prima di poter assistere di nuovo a spettacoli come quelli offerti, per esempio, dai tifosi di LAFC, Seattle Sounders e Atlanta United, prima di poter tornare a urlare, saltare e abbracciare il nostro vicino di posto a ogni gol segnato dai nostri beniamini. Anche quando questa situazione si sarà placata, infatti, sarebbe assurdo pensare di poter tornare immediatamente alla normalità – ci torneremo mai? -, ma occorrerà adottare degli accorgimenti al fine di prevenire i contagi fra le persone presenti agli eventi. Questo varrà per qualunque manifestazione che raduni moltissime persone in spazi ristretti: film al cinema, concerti, spettacoli teatrali e, naturalmente, per gli stadi.
Fra le misure che potrebbero essere prese per prevenire la diffusione del virus sugli spalti, ci potrebbe essere un notevole ridimensionato della capienza degli stadi, magari a un terzo di quella massima, per rispettare la famosa distanza di sicurezza di almeno un metro, con la presenza nelle tribune di personale addetto a verificare che questa distanza venga rispettata. Questo, sebbene, come ritiene Carlo Ancelotti, quando la situazione si sarà definitivamente normalizzata, “i biglietti costeranno di meno perché la gente avrà meno soldi“, potrebbe inizialmente portare a un’esponenziale lievitazione dei prezzi dei titoli d’accesso allo stadio. È probabile, infatti, che, quando si potrà tornare sugli spalti, la domanda di biglietti sarà più alta del solito, mentre i posti disponibili saranno di meno: il rincaro dei biglietti sarebbe una conseguenza naturale.
I tifosi, poi, potrebbero essere ammessi all’interno degli impianti solamente se muniti di mascherine anti Coronavirus – e magari anche di guanti -, e potrebbe essere chiesto loro, al momento dell’acquisto dei biglietti, di presentare una sorta di autodichiarazione che affermi il loro buono stato di salute. Un’ultima precauzione che potrebbe essere presa, infine, potrebbe essere quella di misurare la temperatura corporea degli spettatori fuori dallo stadio prima di ammetterli all’interno.
Coronavirus: come cambierà il gioco del calcio
Quando vi sarà la possibilità di scendere di nuovo in campo, sarà necessario farlo nella condizione più sicura possibile. Stravolgimenti potrebbero esserci per i protagonisti del football, per le loro vite private, per gli allenamenti, per i kit che utilizzeranno in campo: cambierà, almeno temporaneamente, il gioco del calcio.
Innanzitutto, quando si riprenderà a giocare, per tutelare la salute dei calciatori, dei tecnici, e delle loro famiglie, essi dovranno per forza di cose vivere nel più totale isolamento insieme ai compagni di squadra – ma mantenendo le debite distanze gli uni dagli altri -, magari in alberghi o nei centri sportivi delle squadre (lo accetteremmo noi, costretti a rimanere in quarantena all’interno delle nostre abitazioni? Lo accetterebbero loro, costretti a correre dei rischi e ad allontanarsi, magari per mesi, dai propri cari?)
Occorrerà poi mantenersi a distanza dai colleghi anche durante le sedute di allenamento: cosa di certo non facile, anche se in Germania,dove le squadre di Bundesliga hanno ripreso ad allenarsi, ci stanno provando (qui, per esempio, si vedono i giocatori dello Schalke 04 correre a distanza di sicurezza dai compagni).
Per evitare la diffusione del contagio all’interno degli spogliatoi, poi, i giocatori potrebbero essere obbligati a presentarsi già in abbigliamento sportivo al campo e a farsi la doccia nelle loro stanze private, mentre ci immaginiamo che, per andare alle partite, ognuno di essi dovrà muoversi in maniera autonoma, con la propria vettura. Oppure, le squadre potrebbero viaggiare in treno – in pullman sarebbe impossibile rispettare il metro di distanza dai compagni -, con poche persone, quattro o cinque, per ogni vagone.
Impossibile, però, sarebbe costringer gli atleti a mantenere le distanze negli incontri ufficiali: il calcio è uno sport di contatto, e non si può trasformarlo nel calcio balilla umano. Che misure restrittive adottare allora? Sicuramente non assisteremo più ai rituali dei saluti e delle strette di mano fra avversari prima del fischio d’nizio. Qualcuno ha poi simpaticamente proposto la “difesa a zona rossa”, o di punire severamente gli autori di starnuti e colpi di tosse, così come gli estremi difensori che sputino sui propri guantoni. Più seria, invece, l’idea che tutti, sul terreno di gioco, debbano indossare guanti e mascherine, come si sta facendo in Nicaragua, dove il calcio non si è ancora fermato. Queste misure potrebbero però rivelarsi insufficienti e, allora, c’è chi, con un po’ di fantasia, immagina i calciatori vestiti come piloti motoristici. Questo tipo di abbigliamento, però, sarebbe molto costoso (il prezzo medio di una tuta da moto si aggira intorno ai 370 euro: considerando che ogni squadra ha circa 25 calciatori in rosa, una sola fornitura di un kit come questo costerebbe ai club oltre €9000. Più economico e comodo – anche senz’altro meno efficace ai fini di contenere il virus- per gli atleti sarebbe farli scendere in campo con pantaloni sotto al ginocchio e maglie a maniche lunghe. Resta però difficile da credere che si possa davvero obbligare gli atleti a indossare questo tipo di abbigliamento. Innanzitutto perché sta arrivando la bella stagione, e le alte temperature estive diventerebbero per loro insopportabili, se costretti a indossare abiti che coprano ogni singola parte del corpo (tranne la testa: qualsiasi copricapo influirebbe in maniera eccessiva sul gesto tecnico del colpo di testa). Soprattutto, poi, sarebbe probabilmente impossibile, per degli atleti professionisti, sopportare la presenza di una mascherina applicata sulla bocca durante lo sforzo agonistico: come potrebbero mantenere una corretta respirazione. A favore della tesi che sostiene l’inapplicabilità delle mascherine allo sport professionistico si sono schierati anche Bernardo Laureiro, calciatore del Cacique Diriangén, squadra guatemalteca, e Lorenzo Cortesi, Direttore Generale della Maratona di Venezia. Il primo racconta di non aver resistito di essersi tolto la sua mascherina durante una partita, “perché mi era quasi impossibile respirare”. Cortesi, invece, in un’intervista rilasciata al «Corriere dello Sport», ha detto che una misura simile è forse adottabile per lo sport amatoriale, sicuramente non per quello ad alti livelli.
Il rischio più alto di contagio da Coronavirus si avrebbe però, ad ogni gol, con l’esultanza più classica di tutte: l’abbraccio di gruppo, come abbiamo visto nelle ultime giornate di Serie A, quando il virus era già una seria minaccia nel nostro Paese, ma i calciatori non hanno resistito alla tentazione di festeggiare le reti insieme ai compagni di squadra. In questi casi, gli arbitri potrebbero invitare gli atleti, prima del calcio d’inizio, a non commettere azioni di questo tipo, provvedendo a richiamare, o addirittura ammonire – si potrebbe cambiare il regolamento in via eccezionale per permetterlo? – chi infrangesse questa norma restrittiva e di buon senso.
Uniformi di gara, attrezzature da allenamento, materiali di gioco, impianti e strutture come le panchine andrebbero poi disinfettati e sterilizzati prima e dopo ogni allenamento o ogni match.
Se si riprendesse a giocare a maggio, giugno o luglio, costringendo le squadre a giocare due o tre volte a settimana per concludere le competizioni entro una data accettabile, potrebbero essere necessarie alcune modifiche alle regole del calcio, al fine di non sottoporre gli atleti a sforzi quasi disumani.
Gli allenatori della Premier League, per esempio, hanno chiesto di aumentare il numero di sostituzioni concesse da tre a cinque, come già da qualche anno avviene nel calcio dilettantistico italiano, per il quale l’esperimento è andato indubbiamente a buon fine. Questa potrebbe essere un’innovazione molto interessante, giacché, se si rilevasse un successo, potrebbe tranquillamente essere riproposta anche una volta che l’emergenza Coronavirus sarà finalmente terminata. Avere a disposizione due ulteriori cambi sarebbe infatti un vantaggio per gli allenatori, che potrebbero disporre di diverse soluzioni tattiche in più a partita in corso e, allo stesso tempo, con altri due innesti freschi nel corso delle gare, le squadre potrebbero arrivare meno stanche ai minuti finali delle partite, non calando in intensità e regalandoci incontri più veloci fino alle ultimissime battute.
A causa dell’impatto del Coronavirus, si pensa anche di concedere un allargamento delle rose dei club rispetto ai limiti attuali di 25 giocatori per la Serie A e 30 per la MLS. Per quanto riguarda la Major League, tale misura non sembra necessaria, perché, per prima cosa, 30 elementi all’interno di una squadra sono davvero molti, e in secondo luogo, come detto in precedenza, per le squadre americane sarebbe praticamente impossibile giocare giocare molte partite in periodi ravvicinati. Per i tornei europei, invece, questo aumento del numero di giocatori concesso all’interno dei roster potrebbe servire, ma non quest’anno, visto che, con il mercato chiuso e la stagione vicina al termine, le squadre potrebbero ingaggiare solo alcuni svincolati. Uno o due giocatori, di scarso livello per di più, non darebbero una grossa mano alle squadre in difficoltà. Se si fosse costretti a giocare in fretta e furia anche i campionati dell’anno prossimo, invece, un allargamento delle rose potrebbe tornare utile ai vari club, che, nel caso si riuscisse ad organizzare una sessione di calciomercato di ragionevole durata, avrebbero tutto il tempo di acquistare nuovi elementi con le caratteristiche giuste per inserirsi nelle rotazioni dei tecnici.
Coronavirus: i consigli di MLS Magazine Italia per affrontare la quarantena
Se siete arrivati a leggere fino a qui, beh, è fantastico, ma è evidente che dovete essere molto annoiati. Avete quindi bisogno di alcuni consigli su come trascorrere il vostro tempo, dato che, dopo un mese di quarantena, avrete probabilmente terminato di vedere tutte le serie TV di Netflix e Amazon, o finito di leggere tutti i libri che avete in casa. Inoltre vi mancherà sicuramente moltissimo la MLS, così come manca a noi. Ebbene, ecco i suggerimenti di MLS Magazine Italia, rigorosamente a tema MLS:
1) Guardate vecchie partite di MLS
Se vi siete interessati solo di recente al campionato più bello del mondo, e non ne conoscete la storia, o se siete dei fan di lunga data nostalgici dei periodi primordiali della lega, ciò che potete fare è andare sul canale YouTube della MLS e guardarvi una carrellata di “Classic Full Match”: ogni giorno viene pubblicato un incontro del passato che ha scritto la storia del soccer made in USA.
In alternativa, potete cercare sui siti delle varie squadre e della USMNT, la nazionale a stelle e strisce, che a loro volta trasmettono spesso alcuni dei propri incontri storici, soprattutto durante questa pandemia da Coronavirus.
2) Recuperate gli articoli di MLS Magazine che non avete letto
Gli avete letti tutti? Altrimenti rimediate subito!
3) Seguite la simulazione del campionato su FIFA 20
La MLS continua sul famoso videogame calcistico, e potete seguirla sul sito della lega. Si è appena conclusa la simulazione della week 5, e alcuni risultati sono stati sorprendenti: Orlando City, per esempio, ha espugnato la Red Bull Arena battendo 1-2 Kaku e compagni.
4) Guardate la compilation di tutti gli “MLS Goal Of The Year“
Anche il vostro preferito è quello di Nagbe nel 2011?
5) Partecipate al nostro torneo di FIFA 20
Qui trovate tutte le informazioni necessarie e il form da compilare per iscrivervi. In palio una maglietta della vostra squadra preferita di MLS.
6) Fate vincere una MLS Cup ai New England Revolution
In questi giorni, giocare ai videogiochi è una delle attività che va per la maggiore. Iniziate una carriera allenatore con i Revs e portateli alla vittoria. In 25 anni di storia la squadra di Foxborough è arrivata in finale ben 5 volte, venendo però sempre sconfitta, e per questo sbeffeggiata dai fan delle altre squadre, tanto da diventare oggetto di meme esilaranti come questo, questo, oppure questo. Riuscirete a rompere la maledizione? Buona fortuna con i Revs contro il Coronavirus.
7) Tagliatevi i capelli come Dominic Oduro
I parrucchieri sono chiusi da un pezzo a causa del Coronavirus, e per molti di voi tagliarsi i capelli autonomamente potrebbe essere divenuta una necessità. Potreste provare a riprodurre sulla vostra testa uno dei vari tagli proposti dall’attaccante ghanese, che ha giocato in MLS dal 2006 al 2018, vestendo le maglie di Dallas, RBNY, Houston, Chicago, Columbus, Toronto, Montreal e San José.
Se non ci riuscite, potete sempre ripiegare su quello proposto da Raul Ruidiaz la scorsa stagione.
8) Uscite sul balcone e intonate i cori dei tifosi dell’Inter Miami
La nuova franchigia di David Beckham ha giocato fino a adesso solamente due partite, ma le immagini del caloroso tifo dei suoi fan hanno già fatto il giro del mondo.
In questo periodo sono molte le persone che si affacciano alle finestre o escono sui balconi per cantare, ma oramai si sentono sempre le solite canzoni: l’Inno di Mameli, Azzurro, Freed from Desire… Se volete fare qualcosa di originale, intonate a squarciagola i cori dei tifosi dell’Inter: “Hoy juega Miami” e “Y dale alegría alegría a mi corazón“, solo per fare due esempi.
9) Ascoltate musica a tema MLS
La lega americana ha recentemente pubblicato sul proprio sito questa classifica dei migliori 25 inni delle squadre di MLS di tutti i tempi. Potrebbe diventare la playlist che vi accompagnerà durante i prossimi giorni di quarantena da Coronavirus.
10) Provate a imitare Zlatan Ibrahimovic e Stefan Frei
In questi giorni di quarantena per Coronavirus, sui social, stiamo vedendo moltissimi video di professionisti e persone comuni che palleggiano con rotoli di carta igienica. Palleggiare non è poi così difficile: provate piuttosto a replicare questo incredibile gol di Zlatan Ibrahimovic contro Toronto FC nel 2018, realizzato con un gesto tecnico e atletico che non si era mai visto prima su un campo di calcio. Non ci riuscirete senz’altro, perché solo Zlatan può fare una cosa simile, ma potete postare i vostri tentativi nelle vostre storie Instagram e taggate @mlsmagita.
Se, invece, vi sentite più estremi difensori, potete lanciarvi sul vostro letto o sul vostro divano e cercare di emulare il portiere dei Seattle Sounders Stefan Frei, e in particolare il suo salvataggio miracoloso sul colpo di testa di Jozy Altidore nella finale di MLS Cup 2016 contro Toronto.