In pochi se lo ricordano, ma Whitecaps, Sounders, Timbers e Earthquakes, che oggi militano in MLS, esistevano già ai temi della NASL. Ecco come queste squadre, attraverso varie vicende, sono sopravvissute dopo il fallimento della vecchia lega
Nelle ultime settimane, sul nostro magazine online, stiamo dedicando un ampio spazio al soccer del passato, quello che potremmo definire vintage: quello dei primi anni della MLS, della NASL e quello ancora precedente.
Chi abbia letto alcuni degli articoli dedicati alla NASL, si sarà sicuramente imbattuto nei nomi di alcune attuali franchigie di MLS. George Best, per esempio, giocò per due anni nei San José Earthquakes, mentre i Cosmos di Pelé vinsero il Soccer Bowl del 1977 sconfiggendo i Seattle Sounders.
Come mai? Le società non avevano tutte quante chiuso i battenti con la soppressione del campionato nel 1985?
I club di MLS sopravvissuti al crollo della NASL
Sì, ma la passione per il calcio e l’amore per le sue squadre, specie quelle più radicate nel territorio, e quindi con un più saldo legame con la propria fanbase, in America non sono mai tramontati. È normale, quindi, che una volta tornato a rotolare il pallone nei cinquanta stati, ad alcuni dei nuovi club siano stati assegnati i nomi gloriosi di certi team del passato.
E non è certo un caso anche il fatto che tre delle quattro squadre di MLS che esistevano già ai tempi della NASL siano le tre rivali della regione della Cascadia: Portland Timbers, Seattle Sounders e Vancouver Whitecaps, che danno vita ai derby più caldi della MLS.
Il legame fra passione dei tifosi e sopravvivenza dei club della NASL anche nella nella nuova Major League è ulteriormente confermato dal fatto che la quarta franchigia risorta dopo il fallimento della vecchia lega sono, come detto sopra, i San José Earthquakes, che oggi hanno la tifoseria organizzata che più si avvicina al classico movimento ultras in America, e che fa della fedeltà verso la propria squadra del cuore una vera ragione di vita.
Vancouver Whitecaps
NASL
Fra queste società, che negli Stati Uniti chiamano “phoenix clubs” (‘club-fenice’), perché risorti dalle proprie ceneri come il mitologico uccello, l’unica ad aver vinto un titolo NASL è Vancouver. Fondati nel 1973, i Whitecaps presero il posto degli scomparsi Royal Canadians, che avevano lasciato un enorme vuoto in una città appassionata come quella della British Columbia. La franchigia canadese iniziò a partecipare alla NASL nel 1974, e si affermò subito come una delle migliori squadre della lega, qualificandosi ininterrottamente ai playoff dal 1976 al 1984. Il titolo arrivò nel 1979, superando in finale i i Tampa Bay Rowdies. Questi ottimi risultati furono dovuti principalmente a un’accorta politica di mercato, che prediligeva l’acquisto di calciatori giovani, sia locali sia stranieri, piuttosto che di stelle strapagate. I giocatori più importanti del club, in quel periodo, infatti, furono i fratelli Italo-canadesi Bob e Sam Lenarduzzi e i futuri giocatori del Liverpool Bruce Grobbelaar e Peter Beardsley. Un altro grande successo dei primi Whitecaps fu quello di affluenza di pubblico: negli anni della NASL, le partite in casa di Vancouver erano seguite spesso anche da più di 30 mila spettatori a gara: cifra che, oggi, in MLS, quasi nessun club raggiunge.
Vancouver 86ers
Dopo lo scioglimento della lega, molti membri della squadra fallita andarono a giocare nei Vancouver 86ers, nella Canadian Soccer League (CSL), antenata dell’odierna CPL (Canadian Premier League). Questa squadra dominò per 6 anni il campionato canadese, arrivando 5 volte in finale e vincendone 4 tra il 1986 e il 1991. Nel ’90, oltretutto, i ‘Caps si laurearono campioni nordamericani, sconfiggendo per 3-2 i Maryland Bays, che avevano vinto l’American Professional Soccer League (APSL).
Il ritorno dei Whitecaps
Nel ’92, poi, il club lasciò la CSL, per trasferirsi nella APSL, che fu il principale campionato di calcio del Nord America dalla chiusura della NASL alla fondazione della MLS. La franchigia canadese militò in questa lega, che negli anni assunse prima il nome di A-League e poi di USL (come si chiama ancora oggi), dal 1992 al 2009. Fino al 2006 fu un periodo buio, sul piano meramente sportivo: non arrivarono infatti successi. Di positivo, però, ci fu il fatto che, nel 2000, il club riuscì a riacquisire il nome “Whitecaps” e a recuperare l’azzurro e il bianco come colori sociali, al posto del giallo e del rosso. Nella seconda metà degli anni 2000, però, le cose migliorarono e, nel 2006 e nel 2008, arrivarono anche due titoli USL.
MLS
Nel 2009 il club uscì dalla lega per cercare di fondare la nuova NASL e, fallito il progetto, fu ammesso in MLS .
Così, dopo un paio di anni in un campionato di importanza minore, una nuova società chiamata Vancouver Whitecaps, ha esordito nella massima lega statunitense e canadese nel 2011. Fino a adesso, però, la squadra non è riuscita a replicare i successi delle omonime franchigie che l’hanno preceduta.
Le altre tre squadre, invece, hanno figurato meglio in MLS, che non in NASL.
Seattle Sounders
NASL
I Seattle Sounders furono, fra queste società, la prima ad essere fondata: nel 1973. I Rave Green, inoltre, dopo i cugini di Vancouver, furono, fra i phoenix clubs, quello che ottenne i migliori risultati, tanto che, nel 1977 e nel 1983, il loro cammino si interruppe solamente in finale, quando sbatterono contro l’insormontabile muro dei NY Cosmos di Pelé, Beckenbauer e Chinaglia prima, e soltanto del tedesco e di Long John dopo.
Nel ’78, i Sounders ingaggiarono la leggenda della nazionale inglese Bobby Moore: era usanza comune, per loro, comprare giocatori dall’Inghilterra, ma un acquisto di questo calibro non aveva precedenti nell’Emerald City. Il campione del mondo 1966, comunque, giocò solamente 7 partite nella NALS.
Una curiosità è che, negli ultimi anni di esistenza della lega, uno degli effettivi del roster di Seattle era Brian Schmetzer, attuale coach della squadra di MLS, a testimonianza del legame fra le società del passato e quelle che oggi portano il loro nome.
I vecchi Sounders fallirono nel 1983, un anno prima della soppressione del campionato, giocando la loro ultima partita di fronte a solo 4000 spettatori: oltre 20000 in meno rispetto alla media stagionale di soltanto tre anni prima.
APSL
Fu lo storico allenatore dei primi Sounders Alan Hinton, insieme a una cordata di imprenditori locali, a rifondare il club nel 1994, e a iscriverlo alla APSL. La squadra, formata quasi interamente da giocatori locali, si impose subito come una delle migliori realtà del campionato, finendo al primo posto la regular season nel 1994 e laureandosi campione nelle due annate successive. Altri due titoli arrivarono nel 2005 e nel 2007, sotto la guida del nuovo tecnico Schmetzer (sì, proprio lui, che tra l’altro aveva vinto da giocatore il trofeo del 1994).
MLS
Nel 2007, infine, la MLS scelse la città dello Stato di Washington per ospitare un nuovo expansion team, che fu chiamato proprio Seattle Sounders.
Dal 2009, anno del loro esordio nella nuova lega, a oggi, i Rave Green hanno ottenuto risultati strabilianti, vincendo diversi trofei e qualificandosi sempre ai playoff.
Portland Timbers
NASL
I Portland Timbers, invece, nacquero nel 1975, e parteciparono al campionato NASL fino allo scioglimento del 1982, a causa dei problemi economici, lamentati anche dai calciatori, che tre anni prima avevano indetto uno sciopero per protestare contro il mancato pagamento degli stipendi. Fra questi c’era Willie Anderson, ex giocatore dell’Aston Villa, portato lì da Vic Crowe, ex centrocampista e poi tecnico dei Villans che, negli anni precedenti, aveva convinto a raggiungerlo in Oregon altri calciatori con un passato nella squadra di Birningham, come Mick Hoban, Tony Betts, Barry Lynch e Brian Godfrey. Nei suoi nove anni di attività, però, Portland non riuscì ad aggiudicarsi alcun trofeo, ma ci andarono vicino proprio nella stagione d’esordio, quando raggiunsero il Soccer Bowl, dove furono sconfitti per 3-2 da Tampa Bay.
APSL
Nel 1985, un altro club di Portland, che nell’89 avrebbe assunto il nome di Timbers, fu fra i fondatori della Western Soccer League (WSL), campionato dilettantistico da cui, nel 1990, nacque la APSL. Questi anni furono avari di successi per il team dell’Oregon, ma il club ebbe comunque il merito di lanciare nel calcio professionistico alcuni giocatori che, nel giro di qualche anno, sarebbero diventati importanti in MLS, come il portiere Kasey Keller, storico estremo difensore dei Seattle Sounders.
MLS
Falliti proprio a fine 1990, i Portland Timbers rinacquero nel 2001, e parteciparono per dieci anni alla A-League/USL, prima di entrare in MLS, dove furono ammessi nel 2009, e dove esordirono nel 2011. Nei nove anni fin qui disputati nel principale campionato nordamericano, i biancoverdi hanno conquistato una MLS Cup (nel 2015), e hanno vinto l’MLS is Back Tournament, giocato la scorsa estate ad Orlando.
San José Earthquakes: il travagliato passaggio dalla NASL alla MLS
NASL e WSL
Per i San José Earthquakes, infine, la storia è stata leggermente diversa, ma non meno travagliata. Il primo club chiamato così, infatti, fondato nel 1974, fu uno dei pochissimi a resistere al fallimento della NASL, e a proseguire l’attività, senza interruzioni, fino al 1988, nella WSL.
MLS
Dopo otto anni di assenza, il soccer tornò nella città californiana, quando i San José Clash, con un’organigramma societario di cui facevano parte molti ex dirigenti dei vecchi Quakes, furono fra i fondatori della nuova MLS. Dopo aver vinto due MLS Cup, nel 2001 e nel 2003, trascinati da un giovane Landon Donovan in rampa di lancio, nel 2005 la franchigia fu trasferita a Houston, dove cambiò il nome in Dynamo. A San José, però, la passione per il calcio era troppo forte, e allora, nel 2007, la lega decise di assegnare nuovamente un club alla città: ebbero origine, così, gli odierni San José Earthquakes, che però, fino ad oggi, non sono riusciti a tornare ai livelli dei vecchi Clash.
Queste, quindi, sono le quattro squadre di MLS che esistevano già ai tempi della NASL, sopravvissute al momento più difficile della storia del soccer, grazie alla loro importanza per la comunità locale.
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