Quando si parla di George Best, lo si dipinge spesso come uno che avrebbe potuto essere fra i più forti calciatori della storia, ma che non si è mai impegnato per diventarlo, preferendo donne, alcol e soldi al calcio.
Niente di più corretto, ma neanche niente di più sbagliato. Perché, se è vero che la sua vita è stata indelebilmente segnata dai suoi problemi caratteriali e dalle sue dipendenze (specialmente dal bere), non bisogna dimenticarsi che ciò non gli ha impedito di ottenere molti grandi successi, per raggiungere i quali si è sempre dato molto da fare.
La storia di George Best nella NASL nordamericana
The Best: i successi a Manchester
Come tutti sanno, la tappa principale della carriera di George Best è stata quella al Manchester United, di cui è indiscutibilmente una leggenda. Con i Red Devils ha giocato dal 1963 al 1974, vincendo una FA Cup, due Charity Shield, due campionati inglesi e, soprattutto, la Coppa dei Campioni 1968. Nello stesso anno, oltretutto, l’ala nordirlandese si è consacrata come uno dei giocatori più forti del mondo – e di sempre -, vincendo il Pallone d’Oro.
Il suo stile di gioco era caratterizzato da velocità, equilibrio, ottimo controllo di palla e grandi qualità tecniche, caratteristiche che lo hanno reso uno dei migliori dribblatori della storia. Nonostante il fisico piuttosto gracile, poi, era piuttosto potente, e un buon colpitore di testa, oltre che letale sotto porta.
L’enorme talento di George Best, però, non è bastato a impedire il declino della squadra inglese nella prima metà degli anni ’70, che è coinciso (anzi, forse, ne è stata una delle ragioni principali) con l’accentuarsi del suo problema di alcolismo e di alcuni suoi atteggiamenti poco professionali.
Il corteggiamento americano per George Best
Così, dopo aver annunciato per due volte il ritiro e poi aver cambiato idea, e con il club retrocesso in seconda divisione, Best è stato messo sul mercato per 300 mila sterline, e l’offerta migliore è arrivata dagli Stati Uniti, dalla NASL.
Così scrive lui nella sua autobiografia The Best:
“L’offerta più interessante arrivò da Clive Toye, direttore generale del New York Cosmos, la squadra che aveva vinto la North American Soccer League. La NASL stava iniziando proprio allora ad ingrandirsi e, spalleggiate da alcuni pezzi grossi dell’industria, le squadre cominciavano a spendere un sacco di soldi per acquistare calciatori famosi provenienti da tutto il mondo. La cosa mi attraeva anche perché mi sembrava un taglio netto con il passato. Se fossi entrato in un’altra squadra inglese mi sarei ritrovato in mezzo al solito vecchio circo, ai soliti vecchi problemi. Andare in America avrebbe invece voluto dire ricominciare da capo, trovarmi in un posto dove potevo andarmene in giro senza che nessuno mi riconoscesse. Ricominciai a pensare che i miei problemi avrebbero potuto svanire se avessi cambiato aria. Il Cosmos era di proprietà della Warner Communication e uno dei loro dirigenti di punta, Gordon Bradley, mi invitò a fare un salto da lui per dare un occhiata. Così scesi al Wessex House Hotel, davanti a Central Park, e vi rimasi per quasi una settimana mentre quelli del Cosmos mi scarrozzavano in giro e mi spiegavano i loro piani. Era tutto fatto in grande e la cifra che erano pronti a scucire per me era più che accettabile. Ma volevano che prestassi la mia immagine a molte campagne pubblicitarie e, come era ragionevole aspettarsi, che mi trasferissi a New York in pianta stabile. La cosa non mi andava. New York è una città fantastica, adoro immergermi per qualche giorno nella sua follia. Ma l’idea di andarci a vivere non mi attraeva granché…». “
Saltato, dunque, in un primo momento, il trasferimento negli States, l’ex numero 7 dello United ha intrapreso un girovagare che lo ha portato, in due anni, dal Sudafrica all’Irlanda, passando per un paio di squadre delle serie minori inglesi.
Da Old Trafford a Hollywood
Tutto questo per poi approdare finalmente in America. Non a New York, bensì a Los Angeles, dove la NASL stava facendo fatica a lanciare il soccer, e aveva dunque bisogno di una figura come la sua per far crescere la popolarità di questo sport.
Arrivato ai L.A. Aztecs nel 1976, a neanche 30 anni, libero da pressioni, Best è tornato ad esprimersi ai suoi livelli. Ha segnato 15 reti nella prima stagione e 13 nella seconda, venendo selezionato entrambe le volte per l’All-Star Game. Sia nel ’76 sia nel ’77 la stella dei californiani è riuscita a trascinare la squadra – di livello piuttosto modesto – ai playoff, portandola anche fino alle semifinali al secondo tentativo, ma senza mai conquistare il Soccer Bowl.
George Best ai Fort Lauderdale Strikers
Allenarsi vicino a Hollywood, però, per uno con problemi come i suoi, non doveva essere il massimo. Così, anche stufo dell’atteggiamento di società, allenatore e compagni, accusati di non voler vincere, a metà della stagione 1978, si è trasferito sull’altra costa degli Usa, ai Fort Lauderdale Strikers, dove c’era anche molto più pubblico ad ammirare le sue giocate.
Anche nella nuova franchigia si è distinto per la sua qualità (ma anche per professionalità, che comunque non è mai mancata nel corso della sua carriera, se si escludono gli ultimi anni a Manchester e il periodo sudafricano). Nonostante ciò, purtroppo, non è riuscito a guidare i giallorossi alla vittoria del titolo NASL.
Ritorno in California: George Best ai San José Earthquakes
Dopo un breve trascorso nell’Hibernian, in Scozia, poi, Best ha cambiato nuovamente costa, tornando in California, ai San José Earthquakes, nel 1980. Qui, pur se in una fase di netto calo fisico, ha giocato a buoni livelli per altri due anni, sia nel campionato tradizionale sia in quello indoor invernale. In questo periodo, tra l’altro, pur non riuscendo a vincere trofei, ha realizzato quello che è considerato il gol più bello della storia della NASL, effettuando 5 dribbling, prima di battere il portiere.
Come si può intuire, vista l’evidente staticità dei difensori nel video, però, il campionato americano era già entrato nella sua fase calante, che avrebbe portato alla chiusura nel 1984.
Best, nella sua biografia Blessed, a proposito del collasso della NASL, si è espresso con queste parole:
“Divenne sempre più un ‘calcio della domenica’, e tutto iniziò a disintegrarsi, passando da quella che era una lega di buon livello ad un campionato quasi dilettantistico”.
Ultimi anni e ritiro
Intuendo il crollo imminente della lega, l’ala ha deciso così di tornare in Inghilterra, dopo una manciata di partite ad Hong Kong. Ormai trentasettenne, George Best ha così giocato mezza stagione nelle serie minori, con il Bournemouth, dopo aver commentato da telecronista le partite dell’Irlanda del Nord ai Mondiali del 1982, per i quali aveva rifiutato la convocazione, non sentendosi più in forma.
Lasciato il Regno Unito, l’ex fenomeno del Manchester United, ha giocato per qualche mese nel campionato australiano, dove si è ritirato definitivamente, salvo poi fare qualche apparizione sporadica con alcune squadre dilettantistiche inglesi e nordirlandesi.
Si è conclusa così la carriera di George Best, uno dei calciatori più forti di sempre. Uno che, nonostante tutti i suoi problemi caratteriali e di dipendenze, non ha sprecato il suo talento, e non ha fatto – quasi – mai mancare la sua professionalità, al servizio delle squadre per cui ha giocato. Soprattutto uno che, con il suo impegno, unito al suo incredibile talento, ha contribuito alla crescita del soccer negli Stati Uniti.