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Coronavirus e calcio: non cambierà solo la MLS

di Nicolò

La pandemia Coronavirus in corso influenzerà profondamente, per diverso tempo – forse per sempre – il nostro modo di vivere e, naturalmente, il calcio e la MLS non saranno esenti: proviamo a capire – o meglio, a immaginare – quale potrebbe essere il futuro del pallone, con un occhio di riguardo per il nostro campionato preferito.

Cosa succederà alla MLS ed al mondo del calcio post Coronaviris (COVID19)?

Come purtroppo siamo stati costretti a renderci conto, per far fronte alla rapida diffusione del Coronavirus in tutto il mondo, il calcio – anche quello virtuale si è fermato ovunque – o quasi – e al momento non si sa con certezza quando i vari campionati potranno ripartire (l’unica ufficialità arriva dal Belgio: la Pro League ha annunciato lo stop definitivo, anche se si dovrà attendere l’assemblea di lega del 15 aprile per averne la conferma). E mentre in Europa, dove ogni giorno si riuniscono in conference call i vertici delle diverse leghe nazionali e internazionali, si litiga per stabilire il da farsi, la MLS, invece, dopo una prima sospensione fino al 12 aprile, sembra convinta di poter riprendere regolarmente il 10 maggio a porte chiuse, nonostante un non precisato giocatore dei Philadlphia Union sia recentemente risultato positivo al virus.

In ogni caso, i campionati correnti rimarranno segnati in maniera indelebile, lasciando strascichi anche nelle stagioni a venire, non solo dal punto di vista organizzativo  (calendari e calciomercato soprattutto), ma anche sotto l’aspetto economico. Profondamente segnato rimarrà sicuramente tutto il mondo del dilettantismo, ma ancora più sconvolgenti, per noi appassionati, potrebbero essere i cambiamenti che questa emergenza apporterà al nostro modo di osservare il calcio, di viverlo: potrebbero cambiare gli stadi, l’organizzazione degli eventi e, di conseguenza, l’esperienza dei tifosi. Potrebbero poi esserci forti ripercussioni sulle vite degli atleti, ma i cambiamenti più eclatanti potrebbe subirli il gioco del calcio in sé.

MLS e Coronavirus: cosa cambierà?

Un’analisi dettagliata dell’impatto del Coronavirus sul calcio: ipotesi e certezze

Cerchiamo nei prossimi paragrafi di analizzare tutti questi elementi che potrebbero variare, facendo fede in certi casi a quanto dichiarato dai vertici del calcio e da chi di questo mondo fa parte, e, in altri, affidandoci inevitabilmente a nostre proposte e a mere ipotesi, ora realistiche, ora più fantasiose – occorre infatti tenere sempre presente che nessuno, al momento, può dire con certezza come una situazione tanto delicata si evolverà e quali saranno le conseguenze -, focalizzandoci su i due contesti che più ci toccano, quello europeo e quello nordamericano. Al termine dell’articolo, infine, troverete alcuni suggerimenti a tema MLS per continuare a trascorrere questo periodo in casa senza annoiarvi.

In questa prima parte vediamo uno dei punti che più preoccupano gli appassionati, ma anche, e soprattutto, i vertici del calcio di ogni parte del mondo, ovvero quello della necessaria riorganizzazione dei calendari calcistici: come si concluderà – ammesso che lo si possa fare – la stagione che è stata bruscamente interrotta?

Ci occuperemo dapprima dello scenario europeo, avanzando anche una nostra proposta su come si potrebbe definire il futuro prossimo del calcio del Vecchio Continente, per analizzare poi il caso MLS.

Il problema dei calendari: come finirà la stagione 2019/2020 in Europa e in MLS dopo che avremo superato il Coronavirus?

Europa

MLS e Coronavirus: cosa cambierà?

A differenza della Pro League belga, la volontà delle maggior parte delle leghe europee, della UEFA e dell’ECA è chiara, ed è quella di tornare in campo il prima possibile (tranne in Italia, dove la FIGC spinge per riprendere, mentre in Lega, i vari presidenti, molti dei quali troppo impegnati a difendere i propri interessi, non riescono ad accordarsi né tra di loro per partorire una decisione unanime né con l’AIC per rivedere i contratti dei calciatori).

L’ipotesi più ottimistica per la Serie A è quella di un ritorno in campo a metà maggio, quando in Italia, secondo le previsioni, non ci sarà più alcun nuovo contagio, riuscendo così a concludere il campionato – ovviamente a porte chiuse – entro il 30 giugno, data per la quale sono previste le scadenze dei contratti di molti giocatori, ma anche degli impegni che i vari club hanno con le banche e con il famoso Fair Play Finanziario imposto dalla UEFA.

Obiettivamente, però, una ripresa così frettolosa sembra decisamente avventata, e poco praticabile (anche perché verosimilmente verranno concesse agli atleti un paio di settimane di preparazione dopo due mesi di stop, nonostante secondo Carlo Ancelotti ciò non sarebbe necessario). Già più realistica appare, invece, l’idea di tornare a giocare alla fine dello stesso mese, o magari all’inizio di quello successivo, terminando a metà luglio e chiedendo a UEFA e FIFA di spostare più avanti nel tempo le varie scadenze previste per il 30 giugno. A quasi tutte le squadre mancano infatti 12 partite da giocare, e sei settimane sembrano sufficienti per portarle al termine, costringendo le squadre a scendere in campo due volte a settimana. Come effetto collaterale – di non poco conto – c’è però il fatto che molti calciatori, sottoposti a un simile sforzo fisico e a un simile stress, potrebbero facilmente incorrere in infortuni. Sarebbero disposti loro a mettere a rischio la propria salute – per di più in un periodo delicato come questo – per concludere la stagione?

Ormai definivamente tramontate sembrano infine le suggestioni playoff e playout, e probabilmente è giusto così: nonostante la formula affascinante proposta, non sarebbe giusto cambiare le regole in corsa

Come verranno riorganizzati gli altri campionati europei dopo il passaggio del Coronavirus?

Negli altri paesi europei poi, dove il caos legato al Coronavirus è scoppiato con leggero ritardo e dove sono state adottate misure un po’ meno stringenti che in Italia, si potrebbe scendere in campo qualche settimana dopo rispetto alla Serie A, finendo magari a fine luglio o a inizio agosto.

A quel punto, il piano della UEFA è quello di giocare ad agosto le coppe europee – sempre che ci sia la possibilità di fare viaggi internazionali -, sacrificando quelle nazionali. Si vorrebbero smaltire, in un paio di settimane, i quarti di finale di Champions League e gli ottavi e i quarti di Europa League, per poi disputare in un breve periodo le semifinali e le finali in un’unica sede (anche la Premier League ha pensato un piano analogo), Istanbul per la Champions e Danzica per l’Europa League. Sorge spontanea la seguente domanda: perché, nel caso, non giocare anche i turni precedenti in campo neutro? Si giocherebbero in gara unica anziché secondo la formula che prevede andata e ritorno, riducendo così il numero di partite da recuperare.

L’ipotesi che sembra più probabile di tutte, però, è quella che la travagliata stagione 2019/2020 sia già terminata. Proseguirla sarebbe infatti estremamente complicato (per l’organizzazione e i già citati problemi burocratici) e dispendioso per i calciatori. Un altro motivo per non proseguire i campionati è, ovviamente, quello della sicurezza e della salute: vale davvero la pena di esporre a rischi giocatori, staff tecnici, arbitri, addetti alla sicurezza e ai terreni di gioco, giornalisti e troupe televisive solo per portare a termine una stagione che, per di più, è già stata irrimediabilmente segnata – e falsatarovinata – da uno stop così lungo? Inoltre, concludere regolarmente questa stagione comprometterebbe inevitabilmente anche la prossima: finire la stagione ad agosto, infatti, concederebbe ai giocatori, dopo tre mesi di partite ogni 72 ore, solamente due settimane di vacanza e altre due di preparazione (con tempo di adattamento estremamente ridotto per i nuovi acquisti e per gli allenatori per dare un’impronta alle loro squadre). I nuovi campionati inizierebbero così a fine settembre – oltre un mese più tardi rispetto al solito – costringendo tutti a fare i salti mortali per portarlo a compimento entro metà maggio 2021, in vista dell’Europeo che inizierà a giugno dello stesso anno. Il ragionamento – ineccepibile – che fanno molti sostenitori del definitivo fermo delle competizioni è proprio questo: meglio lasciar perdere questo annus horribilis e tornare alla normalità – sempre che sia possibile – a partire da agosto con la stagione 2020-2021, piuttosto che forzare il recupero di una stagione e finire per rovinare anche la seguente.

In caso di interruzione definitiva della Serie A, comunque, la FIGC sembra aver già deciso come comportarsi: verrebbero aggiunti 3 punti a ciascuna squadra per ogni gara non disputata, lo scudetto non sarebbe assegnato e ci sarebbero soltanto due retrocesse, Spal e Brescia, mentre sarebbero promosse in Serie A le attuali prime due in classifica di B, Benevento e Crotone.

In ogni caso, comunque, la UEFA, l’ECA e la maggior parte delle leghe nazionali faranno tutto il possibile per riprendere le competizioni entro giugno e portarle a termine entro agosto.

Volete un suggerimento per gestire i campionati di calcio? Ci pensiamo noi!

Viste le difficoltà che hanno i leader del calcio a prendere delle decisioni definitive, vogliamo provare noi, così, per gioco, a proporre una soluzione che potrebbe accontentare tutti o, più propriamente, scontentare quasi tutti, ma senza avvantaggiare o svantaggiare nessuno.

Innanzitutto, tutti noi appassionati vorremmo che, quando il calcio ripartirà, si giocasse ogni giorno e a ogni ora per celebrare il ritorno alla normalità: sarebbe una grandissima, bellissima festa di calcio, e un’esplosione di felicità. Allo stesso tempo, però, è fondamentale non farsi prendere dalla frenesia e non bruciare le tappe: si deve tornare a giocare solamente quando il rischio di nuovi contagi sarà praticamente nullo, sia per chi fa del calcio il proprio mestiere sia per i tifosi. Il calcio, infatti, come tutti gli sport, è della gente, del pubblico: che senso avrebbe giocare, non per una partita ma per diversi mesi, a porte chiuse? Per chi giocherebbero i calciatori in campo? Vero è che le persone che normalmente seguono le partite in TV sono molte di più di quelle che le guardano dal vivo, a testimonianza del fatto che il calcio è sempre più vicino al mondo dello spettacolo, ma è altrettanto vero che chi va allo stadio fa parte di questo spettacolo: un match senza pubblico è estremamente meno affascinante di uno giocato in uno stadio colmo di tifosi. L’esempio lampante è offerto dall’ultima serata di Champions League, quella disputatasi l’11 marzo scorso (sembra passata un’eternità). Quella sera si sono giocati due incontri (che al fine di ridurre la diffusione del virus sarebbe stato meglio non far disputare) contemporaneamente: Liverpool-Atletico Madrid, giocata – scelleratamente – a porte aperte, e PSG-Borussia Dortmund, a  porte chiuse (ma con circa 5000 tifosi parigini ammassati al di fuori dello stadio sotto la loro curva). Ora, entrambe sono state due bellissime partite, giocate a ritmi alti, ricche di gol e grandi giocate: ma, mentre l’incontro di Anfield è stato altamente emozionante, lo stesso non si può dire di quello del Parco dei Principi, che, anzi, è apparso quasi noioso, proprio perché svuotato di senso. Perché il senso al calcio lo danno i tifosi.

Fatta questa lunghissima, fondamentale premessa, è chiaro che riprendere a fine maggio, fra poco più di un mese, appare una follia visto l’andamento epidemico del Coronavirus. Ipotizziamo allora, con molto – forse eccessivo – ottimismo che alla fine di agosto o all’inizio di settembre si possa tornare a giocare a porte aperte. Si potrebbero recuperare i due mesi e mezzo che mancano alla fine della stagione 2019/2020 entro la fine di novembre, per poi partire, dopo un mese e mezzo di pausa, con quella 2021, disputando solamente il girone d’andata (e, magari, essendo questo composto da un numero dispari di giornate, far giocare un turno in più in trasferta alle squadre classificatesi nella prima metà della classifica del campionato precedente rispetto alle altre, per dare un po’ più di equilibrio). In questo modo la stagione regolare si concluderebbe al massimo entro metà aprile, lasciando spazio ad eventuali playoff per le prime 4 classificate: semifinali organizzate su due confronti e finale secca, con un format alla americana che, se avesse successo, potrebbe essere riproposto anche negli anni successivi.

Per quanto riguarda le competizioni internazionali bloccate come noto dall’arrivo del Coronavirus, invece, durante l’autunno 2020 si potrebbero finire le edizioni lasciate in sospeso, mentre quelle del 2021 si potrebbero disputare sostituendo la fase a gironi con un ulteriore turno a eliminazione diretta: per la Champions League le 32 partecipanti potrebbero partire dai sedicesimi di finale, mentre per l’Europa League sarebbe necessario aumentare il numero di squadre partecipanti da 48 a 64 (tagliando drasticamente alcuni turni preliminari) e iniziare dai trentaduesimi di finale.

Questa particolare calendarizzazione implicherebbe la perdita di alcune partite, ma permetterebbe di arrivare all’appuntamento di Euro 2021 senza troppa foga e senza un’eccessiva fatica nelle gambe dei calciatori. Il tutto sperando che non vi siano gravi ricadute di infetti legati al Coronavirus.

Ed in MLS cosa succederà dopo il passaggio del Coronavirus?

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Per quanta riguarda il campionato nordamericano, la situazione è leggermente diversa: la MLS è leggermente avvantaggiata per il fatto che, per il momento, le squadre hanno giocato soltanto due partite, e hanno tutto l’anno solare davanti per terminare regolarmente il torneo: l’intenzione, infatti, come dichiarato da Darren Eales, presidente di Atlanta United, è quella di giocare tutte e 34 le partite rimaste ) più i playoff, che potrebbero terminare con più di un mese di ritardo rispetto alle previsioni, oppure essere compattati in un periodo più ristretto. Ciononostante, portare regolarmente a termine la stagione potrebbe non essere così semplice: 36 partite da recuperare, tra stagione regolare e post-season, potrebbero essere davvero troppe, sempre che il progresso della pandemia del Coronavirus non esploda in maniera inaspettata.

L’organizzazione della regular season – che prevede che ciascuna squadra affronti due volte ogni squadra della propria conference e una sola volta quelle dell’altro girone tranne tre – potrebbe comunque, in caso di necessità, permettere agli organizzatori di mettere mano con facilità al calendario a dispetto di un impatto più pesante dl previsto del Coronavirus. Per esempio, si potrebbe eliminare una delle due sfide tra le squadre della stessa conference, oppure cancellare definitivamente gli incontri fra squadre di conference opposte. Ancora, nel caso più estremo, potrebbero essere disputate da ciascuna squadra solamente le 12 sfide contro le avversarie dello stesso girone. In quest’ultimo caso, i turni da giocarsi per concludere la stagione sarebbero solamente 12 di stagione regolare (11 o 10 per le squadre che hanno già affrontato nella week 1 e nella week 2 squadre del proprio girone) e quattro di post-season: un totale di 16 giornate, che richiederebbero circa tre mesi (considerando che in negli USA le lunghissime distanze che le squadre devono compiere per andare in trasferta non permettono di giocare con grande frequenza più di una volta a settimana, a meno che non si scelga di disputare tutti gli incontri in un unico luogo) per essere  portate alla conclusione. Così facendo, basterebbe tornare in campo entro l’inizio di ottobre per concludere questa stagione senza compromettere la prossima.

Nella peggiore delle ipotesi, infine, un annullamento definitivo del campionato legato al Coronavirus, non creerebbe grandi conflitti interni tra le squadre, visto che la stagione è appena iniziata e la classifica non è ancora ben delineata. In questo caso che, ripetiamo, è il peggiore che possiamo immaginare, i festeggiamenti per la venticinquesima edizione della Major League Soccer, con buona pace di tutti gli amanti del calcio d’oltreoceano come noi, saranno rimandati all’anno prossimo.

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