La pandemia di coronavirus in corso influenzerà profondamente, e per diverso tempo – forse per sempre – il nostro modo di vivere e, naturalmente, il calcio non sarà esente: proviamo a capire – o meglio, a immaginare – quale potrebbe essere il futuro del pallone, con un occhio di riguardo per il nostro campionato preferito.
Nella prima e nella seconda parte abbiamo affrontato la questione relativa alla riorganizzazione dei calendari calcistici del futuro prossimo, mentre nella terza parte abbiamo visto quali sono i danni economici che lo stop causato dalla pandemia di coronavirus arrecherà al calcio, in quale maniera i grandi club europei e la lega di MLS potrebbero affrontare la crisi economica che ne scaturirà, e quali conseguenze potrebbero esserci sul calciomercato.
In questa quarta – e ultima – parte, invece, veniamo a quello che, forse, da appassionati, ci interessa più di tutto il resto: quando si potrà tornare a vedere le partite dal vivo, come sarà tornare allo stadio? E soprattutto: come cambierà il gioco del calcio in sé e per sempre.
MLS (ma non solo) : come sarà tornare allo stadio?
È chiaro che, anche qualora si riprendesse a giocare prima dell’estate, lo si dovrà fare necessariamente a porte chiuse, fino a quando non verrà trovata una cura per il coronavirus Covid-19, o quando il numero di contagi sarà così ridotto da non rischiare una nuovo boom di casi positivi e un collasso del sistema sanitario. Nessuno spettatore sarà ammesso all’interno degli stadi, e come riporta ≪Ansa≫ in un articolo sulla Premier League – ma i provvedimenti varrebbero verosimilmente per ogni campionato -, “giocatori, tecnici e dirigenti trascorrerebbero le ultime settimane del campionato isolati in strutture riservate, lontani dalle famiglie, costantemente monitorati dai rispettivi staff medici. Un isolamento prolungato – anche per arbitri, cameraman, responsabili della trasmissione tv – che impedirebbe ogni contatto con il resto della società”.
Il calcio, però, come già detto, perde di significato senza il calore del pubblico, e tutti noi non vediamo l’ora di vedere nuovamente gli stadi traboccare della passione dei tifosi, e magari di poter tornare noi stessi ad assistere dal vivo a un incontro di pallone ( la domanda di biglietti sarà altissima . Passerà molto tempo, però, prima di poter assistere di nuovo a spettacoli come quelli offerti, per esempio, dai tifosi di LAFC, Seattle Sounders e Atlanta United, prima di poter tornare a urlare, saltare e abbracciare il nostro vicino di posto a ogni gol segnato dai nostri beniamini. Anche quando questa situazione si sarà placata, infatti, sarebbe assurdo pensare di poter tornare immediatamente alla normalità – ci torneremo mai? -, ma occorrerà adottare degli accorgimenti al fine di prevenire i contagi fra le persone presenti agli eventi. Questo varrà per qualunque manifestazione che raduni moltissime persone in spazi ristretti: film al cinema, concerti, spettacoli teatrali e, naturalmente, per gli stadi.
Fra le misure che potrebbero essere prese per prevenire la diffusione del virus sugli spalti, ci potrebbe essere un notevole ridimensionato della capienza degli stadi, magari a un terzo di quella massima, per rispettare la famosa distanza di sicurezza di almeno un metro, con la presenza nelle tribune di personale addetto a verificare che questa distanza venga rispettata. Questo, sebbene, come ritiene Carlo Ancelotti, quando la situazione si sarà definitivamente normalizzata, “i biglietti costeranno di meno perché la gente avrà meno soldi“, potrebbe inizialmente portare a un’esponenziale lievitazione dei prezzi dei titoli d’accesso allo stadio. È probabile, infatti, che, quando si potrà tornare sugli spalti, la domanda di biglietti sarà più alta del solito, mentre i posti disponibili saranno di meno: il rincaro dei biglietti sarebbe una conseguenza naturale.
I tifosi, poi, potrebbero essere ammessi all’interno degli impianti solamente se muniti di mascherine – e magari anche di guanti -, e potrebbe essere chiesto loro, al momento dell’acquisto dei biglietti, di presentare una sorta di autodichiarazione che affermi il loro buono stato di salute. Un’ultima precauzione che potrebbe essere presa, infine, potrebbe essere quella di misurare la temperatura corporea degli spettatori fuori dallo stadio prima di ammetterli all’interno.
Coronavirus: come cambierà il gioco del calcio
Quando vi sarà la possibilità di scendere di nuovo in campo, sarà necessario farlo nella condizione più sicura possibile. Stravolgimenti potrebbero esserci per i protagonisti del football, per le loro vite private, per gli allenamenti, per i kit che utilizzeranno in campo: cambierà, almeno temporaneamente, il gioco del calcio.
Innanzitutto, quando si riprenderà a giocare, per tutelare la salute dei calciatori, dei tecnici, e delle loro famiglie, essi dovranno per forza di cose vivere nel più totale isolamento insieme ai compagni di squadra – ma mantenendo le debite distanze gli uni dagli altri -, magari in alberghi o nei centri sportivi delle squadre (lo accetteremmo noi, costretti a rimanere in quarantena all’interno delle nostre abitazioni? Lo accetterebbero loro, costretti a correre dei rischi e ad allontanarsi, magari per mesi, dai propri cari?)
Occorrerà poi mantenersi a distanza dai colleghi anche durante le sedute di allenamento: cosa di certo non facile, anche se in Germania,dove le squadre di Bundesliga hanno ripreso ad allenarsi, ci stanno provando (qui, per esempio, si vedono i giocatori dello Schalke 04 correre a distanza di sicurezza dai compagni).
Per evitare la diffusione del coronavirus all’interno degli spogliatoi, poi, i giocatori potrebbero essere obbligati a presentarsi già in abbigliamento sportivo al campo e a farsi la doccia nelle loro stanze private, mentre ci immaginiamo che, per andare alle partite, ognuno di essi dovrà muoversi in maniera autonoma, con la propria vettura. Oppure, le squadre potrebbero viaggiare in treno – in pullman sarebbe impossibile rispettare il metro di distanza dai compagni -, con poche persone, quattro o cinque, per ogni vagone.
Cosa succederà però nel calcio reale post Coronavirus?
Impossibile, però, sarebbe costringere gli atleti a mantenere le distanze negli incontri ufficiali: il calcio è uno sport di contatto, e non si può trasformarlo nel calcio balilla umano. Che misure restrittive adottare allora per contenere il coronavirus? Sicuramente non assisteremo più ai rituali dei saluti e delle strette di mano fra avversari prima del fischio d’inizio. Qualcuno ha poi simpaticamente proposto la “difesa a zona rossa”, o di punire severamente gli autori di starnuti e colpi di tosse, così come gli estremi difensori che sputino sui propri guantoni. Più seria, invece, l’idea che tutti, sul terreno di gioco, debbano indossare guanti e mascherine, come si sta facendo in Nicaragua, dove, nonostante il coronavirus rappresenti una seria minaccia per la popolazione, il calcio non si è ancora fermato. Queste misure potrebbero però rivelarsi insufficienti e, allora, c’è chi, con un po’ di fantasia, immagina i calciatori vestiti come piloti motoristici. Questo tipo di abbigliamento, però, sarebbe molto costoso (il prezzo medio di una tuta da moto si aggira intorno ai 370 euro: considerando che ogni squadra ha circa 25 calciatori in rosa, una sola fornitura di un kit come questo costerebbe ai club oltre €9000. Più economico e comodo – anche senz’altro meno efficace ai fini di contenere il virus- per gli atleti sarebbe farli scendere in campo con pantaloni sotto al ginocchio e maglie a maniche lunghe. Resta però difficile da credere che si possa davvero obbligare gli atleti a indossare questo tipo di abbigliamento. Innanzitutto perché sta arrivando la bella stagione, e le alte temperature estive diventerebbero per loro insopportabili, se costretti a indossare abiti che coprano ogni singola parte del corpo (tranne la testa: qualsiasi copricapo influirebbe in maniera eccessiva sul gesto tecnico del colpo di testa). Soprattutto, poi, sarebbe probabilmente impossibile, per degli atleti professionisti, sopportare la presenza di una mascherina applicata sulla bocca durante lo sforzo agonistico: come potrebbero mantenere una corretta respirazione. A favore della tesi che sostiene l’inapplicabilità delle mascherine allo sport professionistico si sono schierati anche Bernardo Laureiro, calciatore del Cacique Diriangén, squadra guatemalteca, e Lorenzo Cortesi, Direttore Generale della Maratona di Venezia. Il primo racconta di non aver resistito di essersi tolto la sua mascherina durante una partita, “perché mi era quasi impossibile respirare”. Cortesi, invece, in un’intervista rilasciata al «Corriere dello Sport», ha detto che una misura simile è forse adottabile per lo sport amatoriale, sicuramente non per quello ad alti livelli.
Il rischio più alto di contagio da coronavirus si avrebbe però, ad ogni gol, con l’esultanza più classica di tutte: l’abbraccio di gruppo, come abbiamo visto nelle ultime giornate di Serie A, quando il virus era già una seria minaccia nel nostro Paese, ma i calciatori non hanno resistito alla tentazione di festeggiare le reti insieme ai compagni di squadra. In questi casi, gli arbitri potrebbero invitare gli atleti, prima del calcio d’inizio, a non commettere azioni di questo tipo, provvedendo a richiamare, o addirittura ammonire – si potrebbe cambiare il regolamento in via eccezionale per permetterlo? – chi infrangesse questa norma restrittiva e di buon senso.
Uniformi di gara, attrezzature da allenamento, materiali di gioco, impianti e strutture come le panchine andrebbero poi disinfettati e sterilizzati prima e dopo ogni allenamento o ogni match.
Se si riprendesse a giocare a maggio, giugno o luglio, costringendo le squadre a giocare due o tre volte a settimana per concludere le competizioni entro una data accettabile, potrebbero essere necessarie alcune modifiche alle regole del calcio, al fine di non sottoporre gli atleti a sforzi quasi disumani.
Gli allenatori della Premier League, per esempio, hanno chiesto di aumentare il numero di sostituzioni concesse da tre a cinque, come già da qualche anno avviene nel calcio dilettantistico italiano, per il quale l’esperimento è andato indubbiamente a buon fine. Questa potrebbe essere un’innovazione molto interessante, giacché, se si rilevasse un successo, potrebbe tranquillamente essere riproposta anche una volta che l’emergenza coronavirus sarà finalmente terminata. Avere a disposizione due ulteriori cambi sarebbe infatti un vantaggio per gli allenatori, che potrebbero disporre di diverse soluzioni tattiche in più a partita in corso e, allo stesso tempo, con altri due innesti freschi nel corso delle gare, le squadre potrebbero arrivare meno stanche ai minuti finali delle partite, non calando in intensità e regalandoci incontri più veloci fino alle ultimissime battute.
Si pensa anche di concedere un allargamento delle rose dei club rispetto ai limiti attuali di 25 giocatori per la Serie A e 30 per la MLS. Per quanto riguarda la Major League, tale misura non sembra necessaria, perché, per prima cosa, 30 elementi all’interno di una squadra sono davvero molti, e in secondo luogo, come detto in precedenza, per le squadre americane sarebbe praticamente impossibile giocare giocare molte partite in periodi ravvicinati. Per i tornei europei, invece, questo aumento del numero di giocatori concesso all’interno dei roster potrebbe servire, ma non quest’anno, visto che, con il mercato chiuso e la stagione vicina al termine, le squadre potrebbero ingaggiare solo alcuni svincolati. Uno o due giocatori, di scarso livello per di più, non darebbero una grossa mano alle squadre in difficoltà. Se si fosse costretti a giocare in fretta e furia anche i campionati dell’anno prossimo, invece, un allargamento delle rose potrebbe tornare utile ai vari club, che, nel caso si riuscisse ad organizzare una sessione di calciomercato di ragionevole durata, avrebbero tutto il tempo di acquistare nuovi elementi con le caratteristiche giuste per inserirsi nelle rotazioni dei tecnici.
Insomma, il calcio post Coronavirus sarà, almeno per qualche tempo, molto diverso da come siamo abituati a conoscerlo. Ad alcuni cambi ci abitueremo rapidamente, altri saranno più duri da digerire. La sostanza del gioco, però, sarà sempre la stessa, quella che ci ha fatto innamorare di questo bellissimo sport, nella speranza che un giorno possa tornare tutto come prima.