La fine della NASL non aveva significato la fine del soccer negli Usa, e ironicamente proprio poco dopo la fine della lega più famosa d’America quando si parla di pro soccer, quello che in tutto il mondo è considerato lo sport per eccellenza viveva nelle scuole, nelle università e nello sport giovanile una seconda giovinezza aumentando vistosamente di anno in anno il numero di praticanti tanto che i college avevano cominciato a devolvere risorse per la creazione e lo sviluppo di squadre universitarie competitive. Il problema per lo sport calcistico è stato per molti anni però, almeno fino alla nascita della MLS, la mancanza di un circuito professionista nel quale un giovane potesse poi, una volta finita l’università, poter trasformare la sua passione in una professione redditizia, questo articolo del 27 Ottobre 1986 pubblicato da Sports Illustrated col titolo di “Alive but barely kicking” firmato da Jaime Diaz mostra con estremo realismo la situazione del soccer di allora e questa stridente contraddizione tra lo sport giovanile ed universitario e l’assenza di una lega pro eccezion fatta per le leghe indoor
L’assenza di una lega pro soccer
Carlo Rovic, settantenne nativo della Jugoslavia e allenatore dei portieri all’Università di San Francisco parlava dello sport che ha praticato per tutta la vita, quando, con la frustrazione comune agli amanti del soccer negli Usa, ha avuto un attimo di commozione espresso attraverso qualche lacrima dai suoi occhi :”Mark Powell, (il portiere della USF) si impegna moltissimo e lavora sodo, e mi chiede, Carlo, tu dai il massimo, io do il massimo, ma quando finisco l’università dove andrò? Io non gli rispondo, perché…dove andrà?”.
Dove appunto? Vent’anni fa boom del soccer negli Usa era considerato imminente, ora questo sport giace in un limbo. E’ vero che i nostri parchi si riempiono sempre di più di leghe giovanili, che il seguito dell’ultima Coppa del Mondo svoltasi quest’anno è stato senza precedenti, e che grazie a pubblicità con palloni da calcio che rimbalzano dappertutto l’americano medio è venuto a conoscenza di questo sport, tuttavia il soccer negli Usa è in un periodo di rivalutazione dopo il collasso della North American Soccer League avvenuto lo scorso anno. “Abbiamo fatto il passo più lungo della gamba”, spiega Ricky Davis, capitano della nazionale Usa ed ex centrocampista dei defunti Cosmos nella NASL, “Capisco ora che ci vorrà realmente tantissimo tempo prima che noi amanti del soccer vedremo realizzato il nostro sogno di vedere il nostro sport finalmente stabilito in questo paese”.
David si sta guadagnando il pane militando nei New York Express nella Major Indoor Soccer League, la sola lega professionista del paese, l’unico sbocco professionale per i giocatori di livello. Lui come molti altri considerano l’indoor soccer come un’allenamento di minore intensità ma gli sono grati perché riescono così a guadagnare e il soccer resta così nelle pagine sportive dei quotidiani.
MISL unica lega pro soccer
A differenza della NASL, la MISL è sopravvissuta ai tempi duri stringendo i cordoni della borsa e attraverso un marketing mirato, e nonostante questo le perdite della lega lo scorso anno sono state tra i 15 e i 20 milioni di dollari, e le franchigie hanno avuto difficoltà nei maggiori mercati quali New York, Los Angeles e Chicago, ma ci sono alcuni dati che fanno ben sperare, l’anno scorso l’affluenza media delle 12 squadre della lega superava i 9000 spettatori, con i maggiori team della lega coinvolti nello sviluppo di fans genuini dell’indoor soccer.
“Non ho mai voluto illudermi pensando che tutti i bambini che ora giocano a calcio da grandi diventeranno per forza spettatori, non penso ci sia una diretta correlazione”, spiega il nuovo commissioner della MISL Bill Kentling.
E’ stata una dura lezione da imparare. Ci sono circa 5 milioni e mezzo di giocatori iscritti alla United States Soccer Federation, il che vuol dire circa otto milioni tra amatori e praticanti, la nazionale Usa under 19 ha recentemente eliminato il Messico durante le qualificazioni ai mondiali di categoria e la nazionale femminile è finita seconda dietro all’Italia nel Mundialito, il livello del soccer universitario è ad un picco mai visto, con le maggiori divisioni come la ACC che stanno devolvendo risorse per sviluppare squadre competitive a livello nazionale.
Ma non appena un promettente calciatore si laurea va a sbattere contro un muro. La NASL, dominata dagli stranieri, raramente cercava di valorizzare i talenti americani, e quando lo faceva, raramente dava loro importanza. L’indoor soccer, con il suo ritmo frenetico e ambiente claustrofobico ha fatto arretrare invece che progredire il livello di gioco espresso creando ancora più difficoltà a quei calciatori che volessero poi giocare all’aperto. L’allenatore della USF Steve Negoesco confida :”Ciò che vorrei vedere quando diventerò un po’ più vecchio è vedere i ragazzini giocare a calcio a livelli decenti, ma i professionisti hanno fallito”.
La NCAA e le leghe semiprofessionistiche
Il peccato originale della NASL fu quello di cercare di fare del soccer uno dei maggiori sport nazionali senza però sviluppare le fondamenta per il futuro. Dopo che un attempato Pélé dette inizio al soccer allora alle prime armi, ingenui proprietari di franchigie continuarono a pagare cifre esorbitanti a giocatori di cosiddetta fama internazionale i quali in realtà erano sconosciuti e prendevano la loro permanenza negli Usa alla stregua di una vacanza, e per questa ragione non furono dirottate risorse per sviluppare i talenti nazionali. Conclude Cliff McCrath, allenatore dei Seattle Pacific, campioni di seconda divisione :”Tutti pensavano che Pélé fosse il messia, ma invece fu il nostro boia, anche se non era colpa sua”.
Le ferite sono così profonde che la sola idea di lanciare una nuova lega nazionale sembra un’assurdità. Oltre la NCAA (lega universitaria –ndr-) la lega più importante è la Western Soccer Alliance, un gruppo di sette squadre che va da Edmonton a San Diego, che in primavera giocano tra di loro e affrontano squadre internazionali in tour. Molte di queste squadre sono composte di amatori, e danno la possibilità ai ragazzi dei college di poter giocare quando la stagione universitaria si ferma. Alcuni giocatori sono professionisti, se così si può dire, anche se raramente guadagnano più di 1000 $ al mese ed ogni squadra può avere un massimo di due stranieri.
Quel che blocca la formazione di un centro nazionale di sviluppo per giocatori di alto livello finanziato da sponsor e federazione è il pensiero della maggior parte degli addetti ai lavori i quali credono che per molti anni a venire le leghe regionali serviranno come contenitore per i giocatori universitari che vogliono continuare a giocare outdoor. Due eccezioni sono Dave Vanole e Paul Caligiuri. L’anno scorso Vanole, membro della UCLA, campioni universitari, era stato valutato come uno dei migliori portieri universitari ed era stato richiesto da una squadra indoor ma ha deciso di non accettare per diventare assistente laureato dei Bruins (la squadra della UCLA –ndr-) così può continuare ad allenarsi con la nazionale il prossimo anno. Vanole, 23 anni, si spiega ”Potrebbe sembrare retorico, ma credo nello sviluppo del soccer ed ho intenzione di sacrificarmi”.
La golden generation muove i primi passi
Caligiuri, veterano della UCLA è uno stopper che assieme a John Kerr Jr della Duke University è favorito all’assegnazione del premio Hermann, la versione calcistica del premio Heisman, ed è stato l’unico americano ad essere stato convocato, dando un’ottima impressione, nella partita con le stelle internazionali della FIFA avvenuta poco dopo la Coppa del Mondo 1986, e visto che non ha intenzione di giocare in un team indoor molto probabilmente andrà in Europa per giocare in una squadra di seconda divisione, una strada già intrapresa lo scorso anno dal vincitore della scorsa edizione del premio Hermann Tom Kane, dell’università di Duke. Caligiuri si scopre :”Al momento per quelli come me è l’età del ferro, il mio sogno è di giocare in nazionale ma l’America non resterà per sempre senza una lega nazionale outdoor”.
Non tutti approvano ed affermano che il calcio non è più uno sport che trascina folle di spettatori nemmeno nei paesi in cui la tradizione calcistica è più radicata. In Brasile, vincitore per tre volte del titolo mondiale al pari dell’Italia, gli scandali e la corruzione hanno provocato un duro colpo alla credibilità del gioco e provocato un vistoso calo di presenze, In Inghilterra l’hooliganismo ed una politica che ha tagliato le risorse sportive alle scuole a causa di un’economia debole stanno minando l’interesse in questo sport, in molti paesi europei la popolarità del calcio è minacciata e molte squadre si trovano ad affrontare un forte calo di presenze, ed in Argentina le presenze negli stadi per le partite di prima divisione raramente superano i 10000 spettatori. Non è una sorpresa quindi se il soccer non è riuscito a diventare uno sport di massa negli Usa in termini di pubblico.
Shep Messing, che prima di unirsi alla MISL, dove è anche comproprietario e presidente dei New York Express, aveva giocato nei Cosmos è rassegnato quando dice :”Non credo che il soccer ce la farà a livello professionale negli Usa, non credo ce la faremo ad essere competitivi alle Olimpiadi o in Coppa del Mondo, gli americani non si interessano a questo sport”. Messing aggiunge enigmaticamente :”Non fraintendetemi, penso che il soccer sia il miglior sport del mondo e non c’è niente di meglio per l’attività sportiva adolescenziale”.
Forse il problema è questo, molti americani giocano a calcio ma pochi hanno mostrato passione per lo sport che ha stregato il resto del mondo. Conclude un appassionato Rovic :”Per me il calcio è amore, amore, amore. In America avete i migliori sport, avete il divertimento, ma non avete questo amore”.


